Secondo alcuni studi, l’uomo ha addomesticato il cane circa 30.000 anni fa: da allora, quindi, gli impartisce ordini e gli racconta cose.
Nessun dubbio che quest’abitudine rifletta dei bisogni emotivi profondi e che risponda ad alcuni meccanismi cognitivi chiave. Ovviamente, il povero cane non capisce un accidenti delle cose che gli diciamo. Ciononostante, l’uomo continua a impegnarsi nel dialogo con l’animale domestico. Il più delle volte usando frasi semplici, caratterizzate da un ritmo più lento e un tono più acuto. Lo stesso tipo di voce che si usa con i bambini.
I cani che, bontà loro, non comprendono il linguaggio verbale, sembrano comunque rispondere a certi stimoli acustici. Capiscono se il padrone li sta sgridando o coccolando, se il tono è dolce, freddo o di monito. Ci sono anche degli studi specifici condotti con risonanza magnetica funzionale che hanno mostrato che nel cane che ascolta cose raccontate dagli umani si attivano aree cerebrali specifiche in risposta alla voce. E che, in pratica, ogni cane distingue chiaramente un tono più amichevole da un tono arrabbiato.
Gli etologi affermano poi che parlare con il cane è produttivo per l’animale domestico. Tale pratica stimola la sensibilità dell’animale e rafforza il rapporto fra le parti. Gli psicologi dicono invece che raccontare delle cose al proprio cane non è un atteggiamento così improprio. Serve all’uomo per allenare la propria empatia. Attribuendo una consapevolezza, seppur minima, al cane, ci si impegna a sentire ciò che l’animale sente, ci si preoccupa del suo benessere.
Non si tratterebbe sono di proiettare le proprie emozioni sull’animale, che non può comprenderne il senso profondo, ma anche di impegnarsi in un processo di comunicazione più profondo e intimo. Quindi, da un certo punto di vista, parlare con il proprio cane assomiglia a una forma di soliloquio. Di norma, l’uomo parla da solo per chiarirsi le idee, per assecondare un processo di auto-regolazione emotiva. Con un cane, però, funziona meglio. Specie in momenti di stress, di solitudine o di ansia.
Detta in altre parole, rivolgersi al cane calma lo spirito e rassicura. In certi casi, aiuta a creare un senso di connessione. Sarebbe meglio che il cane non si trasformasse mai in un confidente o in uno specchio emotivo. Ciononostante, fa bene, in alcune situazioni, poter avere un referente capace di ascoltare senza giudicare. Dunque, raccontare le proprie case al cane è utile per favorire l’elaborazione dei pensieri più confusi e per esprimere sentimenti che altrimenti non verrebbero a galla.
Comunicando con il proprio animale domestico, il padrone si sente anche confortato alimentando il senso di appartenenza e di responsabilità. Ed è molto importante per le persone più fragili e per gli anziani. Non a caso, da anni, molte ricerche confermano l’utilità della pet therapy. Accudire un cagnolino, parlargli, aiuta le persone in difficoltà a sentirsi più comprese e soprattutto più utili.
Alla luce di tutto ciò, raccontare delle cose di sé al proprio cane è considerato sano dalla psicologia. Può avere effetti positivi sul benessere emotivo, sulla regolazione dello stress e sulla qualità delle relazioni affettive. Il cervello umano non distingue rigidamente tra interlocutori umani e non umani quando si attiva il bisogno di comunicare.
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